Ho alcuni pensieri che mi passano per la testa, sensazioni, emozioni, da condividere e riordinare.
Sono sempre giuste le motivazioni che ci spingono ad adottare un cane?
Alcuni giorni fa riflettevo su quali fossero le motivazioni che ci spingono ad adottare/prendere un cane, raccogliendo informazioni e ascoltando storie di persone che hanno avuto o vorrebbero fare questa esperienza.
Mi sono chiesta se questi cani siano dei surrogati di qualcosa che manca, oppure se l’adozione di un cane abbandonato in difficoltà ci fa sentire buoni perché ci sembra di fare una buona azione.
Peraltro, più il soggetto è “difficile” – con una storia pesante alle spalle – e più “salvarlo” diventa una missione.
E questo cane, poi, dovrà essere “perfetto” perché, nell’immaginario di noi esseri umani, un cane “sfortunato” deve essere per forza “buono”.
È un modo di pensare “disturbato”, egoistico, antropocentrico, tipico della nostra specie.
“Poiché io ti ho salvato, togliendoti da una situazione pessima, sarà impossibile che tu, cane, non possa stare bene con me”.
Una situazione ai nostri occhi pessima potrebbe essere quella di un gruppetto di cani che vivono liberi, magari con legami famigliari, dove ognuno di loro sa cosa fare, ben integrati, con le loro abitudini, le loro sicurezze.
Non è mia intenzione dire che cos’è giusto o sbagliato, chi ha ragione o ha torto, anche perché non lo so.
Credo che ognuno di noi sia spinto da nobili intenzioni.
I miei sono pensieri, punti di vista.
Mi capita di sentir dire: “Gli ho salvato la vita…”, “Se non ci fossi stato io…”, “L’ho tolto dal canile…” e così via.
Questi poveri esseri sono poi caricati dall’aspettativa umana della riconoscenza.
Facciamo, sbrighiamo e decidiamo tutto noi, senza porci il problema che per la loro vita, forse, aspirerebbero ad altro. Chiedere a un cane che cosa gli piace fare non è poi così difficile, se poi siamo capaci di accettare la risposta.
E la nostra imbarazzante presunzione ci fa dire che è un cane molto fortunato ad averci incontrato. Cani, che per la paura che non tornino da noi, non verranno mai liberati.
Un esempio che mi riguarda personalmente è l’ultimo cane entrato a fare parte del mio gruppo. Le persone che lo avevano adotto, per portarlo a fare i bisogni, dovevano trascinarlo da sotto al letto per una zampa. E per fortuna gli “volevano bene come fosse un figlio”… :-/
Il punto è proprio questo: esistono cani che, se non vengono capiti, stanno male per tutta la vita.
Per capirli e “accoglierli” veramente occorre ascoltarli. L’ascolto è una predisposizione dell’anima. Non dobbiamo essere noi umani sempre al centro del mondo!
Quante volte sento dire: “Il mio cane non mi ascolta”! Che tradotto significa: “Il mio cane non fa quello che voglio io”.
Vivere con un cane è fare un percorso di crescita insieme, è condividere tempo e spazio, è concertarsi, è fare squadra.
Conosco dei volontari bravissimi, ne conosco altri con tanta confusione in testa. I cani vogliono essere trattati da cani, non togliamoli la dignità. I canili sono pieni di cani costretti a pagare pene altissime senza avere nessuna colpa.
Penso che vivere con un cane sia una delle più belle e profonde esperienze che si possono fare, se è il cane il soggetto che si cerca, perché noi umani siamo strani: prendiamo il cane e quando scopriamo che è un cane lo rifiutiamo. Qua c’è qualcosa che mi sfugge.
I nostri cani e il ritorno a una presunta “normalità” dopo il lockdown
Sento in giro molta preoccupazione riguardo a come staranno i cani quando gli umani torneranno a lavorare dopo questa “assidua” convivenza dovuta allo stare in casa a causa dell’emergenza dovuta al COVID-19.
La frase più quotata è: “Al mio cane verrà l’ansia da separazione. Come glielo spiego, abituato com’è ad avermi sempre vicino?”.
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza: l’ansia da separazione è una patologia comportamentale del cane, ed è il veterinario comportamentalista che deve fare questa diagnosi.
Non è uno stato che viene perché il cane è stato a stretto contatto con noi per due mesi.
Posso capire il chiedersi che cosa succederà, che cosa penserà, come si sentirà…
Credo che per i cani abituati a stare da soli anche prima, non ci saranno problemi, non li ritengo così incapaci, anzi, penso che per alcuni riappropriarsi di alcuni momenti di stare soli, sarà per loro un “ritorno alla normalità”.
Per altri potrà essere un po’ più difficile, ma penso che se c’è una relazione basata sulla fiducia e sull’ascolto si possa superare insieme.
Sarà faticoso per alcuni, non lo metto assolutamente in dubbio, ma voglio credere nelle risorse di ogni singolo cane.
Quello che aspetta a noi sarà di affiancarli anche in questo momento.
Quando scrivo, a volte mi fermo, bevo un bicchiere d’acqua, interagisco coi miei cani, li guardo, li osservo, sono sempre più rapita dal loro modo di dialogare.
Mi rendo sempre più conto che per ascoltare che cosa si dicono tra loro e per sentire cosa dicono a me, mi devo fermare. È un ascolto spirituale, quando tutti i miei sensi sono aperti, siamo insieme, diventiamo noi, altrimenti ci sono io e loro.
Questi due mesi per me sono stati importanti nella nostra conoscenza e nel rafforzare il legame più profondo, quel legame antico tra cane e umano e sentirsi parte di un insieme.
Quante emozioni stiamo vivendo!